L'immagine del lato A dello Stendardo è dedicata al SS. Sacramento cui la Confraternita di Monte Porzio Catone è devota.
Per rafforzare il senso dell’immagine ho scelto in proposito una frase in latino, come citazione dal Libro II dei “I Dialoghi” di San Gregorio Magno, riguardante La vita di San Benedetto da Norcia, capitolo 35, “La visione del mondo e dell’anima di Germano”:
“L’uomo di Dio, dunque, che fissava il globo di fuoco e gli angeli che tornavano in cielo, non poteva contemplare queste cose se non nella luce di Dio. Non reca dunque meraviglia se vide raccolto innanzi a sé tutto il mondo, perché, innalzato al cielo nella luce intellettuale, era fuori dal creato”.
La frase che ho scelto dalla traduzione in italiano curata da PP. Benedettini di Subiaco, in seguito a una mia precisa richiesta, é stata individuata nei manoscritti originali dell’Archivio della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze dalla D.ssa Anna Rita Fantoni, responsabile del Settore Esposizioni e Iniziative Culturali e con l’aiuto della Sig.ra Dina Giuliani, responsabile del Servizio Riproduzioni. Grazie alla loro disponibilità ho potuto inserire nella mia composizione la frase nella grafia originaria in latino antico. Allo stesso modo la frase simbolo scelta per il lato B dello stendardo.
Relazione artistico descrittiva 9 agosto 2011_Luminita Taranu.pdf
Il nuovo Stendardo aveva la funzione di sostituire il vecchio stendardo del 1807. Ho fato inizialmente una ricerca storica sulla tipologia artistica, sulla tecnica e sul supporto, e ho deciso di realizzare un "finto arazzo".
I finti arazzi sono nati nel ‘700, con la finalità di sostituire i veri arazzi, costosi e impegnativi perché frutto di un lungo e meticoloso lavoro di maestranze artistiche e artigiane. Sono stati chiamati “finti” perché il supporto utilizzato era tessuto con la fibra di un arazzo, e le immagini erano dipinte. Insieme al disegno e lo “sfumato” rinascimentale, per rendere trasparente la pittura sul tessuto crudo di cotone, senza una preliminare preparazione di fondo e assorbente al cento per cento, si utilizzavano i famosi “succhi d’erba”, colori naturali estratti dalle piante e fissati naturalmente; tecnica antica che ricorda sia la pittura rupestre dell’inizio della civiltà, che la raffinata pittura murale degli affreschi.
Traendo la mia ispirazione da questo studio approfondito, ho mantenuto i mezzi tecnici originari, realizzando due composizioni figurative che rappresentano il mio pensiero attuale.
In questo senso, è stata fondamentale la scelta del supporto. Per trovare il tessuto ”con fibra di arazzo” ho impiegato mesi, andando nei negozi di Roma e dintorni, scrivendo lettere e chiedendo campionari in tutta l’Italia. La fabbrica che forniva i Musei Vaticani con questo tipo di tessuto aveva smesso di produrlo dagli anni ’90. La mia ricerca su internet ha raggiunto l’azienda Startes Jacquard (Disegni per tessuti) di Villasanta (Mi), i Sig.ri Marco e Alberto Leoni, cui devo ringraziare sentitamente per la sensibilità e la disponibilità dimostrate rispondendo alla mia richiesta. Loro mi hanno fornito il prezioso tessuto con la fibra di un arazzo, oggi diventato rarissimo, mettendo in funzione il vecchio telaio esclusivamente per il lavoro dello stendardo della Confraternita di Monte Porzio Catone.
Per avvicinarmi alla tecnica pittorica con colori a “succhi d’erba”, ho utilizzato gli ossidi e le terre, fissati con colla di pesce e vinavil e per dare il senso di calore agli acrilici che ho utilizzato per la loro trasparenza e resistenza nel tempo.
Lo spirito dell’opera è tra l’affresco e la pittura ad olio.